Una birra con i Calibro 35


I Calibro 35 sono un gruppo milanese nato nel 2007 che propone rivisitazioni in chiave moderne, funky e leggermente jazz, di classici e colonne sonore di poliziotteschi anni ’70. Il gruppo perfetto da utilizzare come sottofondo per scrivere o per ascoltare musica “noir”.  Per Noir Italiano (loro fan) è un piacere averli ospiti nel blog e poterli intervistare.

Noir Italiano: Ciao ragazzi, io prendo una Menabrea, bella ghiacciata, voi?

Calibro 35: Punt e Mes, grazie.

 NI: Com’è nata l’idea di rivisitare le colonne sonore dei poliziotteschi anni ‘70?

C35: E’ nata ormai qualche anno fa, nel lontano 2007, dalla volontà di riportare in vita un genere musicale che tutto il mondo ci invidiava ma che se ne stava comodamente a dormire nella celluloide dei vecchi film sugli scaffali delle cinemateche. una volta avuta l’idea ci è sembrato strano che nessuno l’avesse avuta prima e abbiamo pensato di passare all’azione.

NI: Quali sono gli elementi che rendono “noir” un brano?

C35: Come in un libro è una questione di bilanciamenti: i personaggi devono essere credibili, la trama misteriosa, l’incedere incalzante, la struttura spiazzante, i riferimenti al genere chiari ma non scontati. Mescoli, aggiungi ghiaccio, nebbia, groove ed il gioco è fatto. Inoltre un fattore da non dimenticare sono le pause in evidenza.

NI: Quando componete a cosa v’ispirate?

C35: La fonte di ispirazione è davvero molto varia; può essere un tema solista, un groove, una parte ritmica, un titolo, la scena di un film immaginario o meno… tutto diventa uno spunto possibile.

(M. Martellotta: personalmente mi arrivano in testa degli spunti, principalmente la mattina quando accompagno mio figlio all’asilo e sono ancora in stato di semi coscienza. Sono sempre idee molto fresche, che non mi verrebbero in altri momenti della giornata e che appunto sul telefonino altrimenti perderei tutto. Ci sono interi dischi dei calibro in versione embrionale vocale con traffico da passeggio di sfondo. Un altro modo molto efficace è immaginare un momento in particolare di un film e provare a commentarlo con la musica. E’ molto utile, avere dei paletti immaginari argina bene un flusso copioso di idee aiutandole a canalizzarsi in una direzione precisa evitando dispersioni di energie.)

NI: Il romanzo noir del quale vorreste scrivere la colonna sonora?

C35: è da un po’ di tempo che coviamo il sogno di realizzare la colonna sonora di “I Traditori di tutti” di Scerbanenco.

NI: Qual è, secondo voi, la miglior colonna sonora tra tutti i poliziotteschi?

C35: Difficilissimo ridurre il tutto ad una e una sola. Facciamo che te ne dico tre imprescindibili… e già ne lascio fuori un paio bellissime. Quindi: “Milano Odia: la polizia non può sparare” di Ennio Morricone per le atmosfere cupissime e la dinamica mozzafiato ottenuta con due soli temi, “Il Consigliori” di Ritz Ortolani capolavoro di scrittura enigmistica, stop-and-go e orchestrazione, “Ricatto Alla Mala” di Luis Bacalov per il riff micidiale. E non ho citato Gianni Ferrio…

(M. Martellotta: la mala ordina di Trovajoli. Fra l’altro mai pubblicata. )

NI: Milano, in questo periodo, è la città più noir d’Italia. Artisti, musicisti e scrittori ne sono contagiati. Cosa la rende una metropoli così cattiva?

C35: Credo che Milano sia sempre stata la città noir italiana, sia nella realtà che nella letteratura. Se ci pensi personaggi come Rina Fort, Vallanzasca, Luciano Lutrig non potevano esistere altrove in Italia. La commistione di cemento, nebbia, degrado sociale, smog e denaro dev’essere propizia.

NI: Ascoltando alcuni brani originali di film anni ‘70, mi sembra di sentire delle produzioni moderne. Erano i musicisti di allora a essere troppo avanti oppure le sonorità non si sono evolute?

C35: Più di altri generi musicali le colonne sonore (anche poliziesche, am non solo) sono riuscite ad essere “meticcie” già decenni fa. A fini descrittivi si mischiavano gli elementi con molta libertà perché alla fine contava solo il risultato finale del matrimonio immagini/suoni. è così che il jazz si ibridava con il rock, il funk all’occorrenza sposava un’orchestrazione accademica, i cori più classicheggianti non provavano vergogna ad essere accostati al groove di una batteria. Nei rispettivi generi tale apertura non sarebbe stata così ben accetta ma in una musica funzionale, come quella di una colonna sonora, molto spesso si riescono a  giustificare scelte poco ortodosse.

NI: Vi ringrazio. Regalateci una frase noir…

C35: “Ogni riferimento a persone esistenti o fatti realmente accaduti è puramente casuale” (un po’ autorreferenziale ma più noir di così…)

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